Conosco questo ragazzo da qualche tempo. Volto affilato, sorriso aperto, voce profonda.
Un giorno si è seduto davanti a me e mi ha confessato una cosa. Ovvero, che lui sa esattamente il momento in cui morirà. E' una cosa che conosce con vivida certezza da quando era poco più che adolescente.
Questo ragazzo sa che morirà a quarant'anni. Conosce anche i dettagli. Sa che sarà in un parco, o in un luogo in cui c'è molto verde, un prato, degli alberi. Sa che sarà da solo in quel momento, senza nessuna persona amica ad aiutarlo.
Detta da lui, è una cosa che stupisce. E' un ragazzo, anzi un uomo di trentanove anni, molto razionale, intelligente, per niente preda di fantasticherie e voli pindarici della mente.
A sedici anni fece questo sogno, così reale da sembrare vero, quasi una visione, in cui lui moriva.
Il cuore man mano rallentava fino a fermarsi, lui si accasciava sull'erba verde del prato, tutto finiva così.
Sarà stato solo un sogno, gli ho detto per sdrammatizzare.
Lui, uno degli esseri più razionali al mondo, ha la certezza che sia una premonizione.
Così gli ho preso le mani. L'antica chiromanzia studiava anche la lunghezza della vita di un uomo.
Mio padre era bravissimo a indovinare la morte di una persona guardando la sua mano, smise di farlo dopo la morte di un suo amico, predetta e puntualmente verificatasi. Premetto, non leggo la mano al pubblico, tengo però delle lezioni di chiromanzia moderna della durata di tre ore.
La mano sinistra rappresenta il destino che, in latenza e per predisposizione, siamo portati a vivere.
La mano destra invece rappresenta il destino che ci creiamo noi, giorno dopo giorno, con il nostro libero arbitrio.
Proprio ieri un mio allievo mi ha chiesto se tutto è già scritto nel libro del destino. Gli ho risposto che non siamo i semplici burattini di un destino incontrovertibile e non modificabile, una parte di scelta e di responsabilità spetta anche a noi.
Comunque, tornando alla chiromanzia, ho guardato la linea della vita della mano sinistra di questo ragazzo. Si interrompe in effetti bruscamente, nella parte alta del palmo. Gli ho preso la mano destra, e quì la sua linea della vita rivela una cosa interessante. La linea si interrompe sempre, bruscamente, ma c'è un margine di attesa, una interruzione simile ad una scelta, dopo la quale la linea si riprende e scorre profonda fino al polso.
E in quella curiosa pausa sulla pelle c'è lui, lì sulla panchina, ad aspettare il suo inesorabile destino. A sentire i battiti del suo cuore, stanco di vivere, che rallentano. Con gli schiamazzi dei bambini al parco sempre più distanti, col verde accecante dell'erba del prato sempre più vicino al viso.
Lui che sa cosa sta succedendo, ne ha una crudele premonizione da quando era adolescente.
Lui che ha tutto il tempo del mondo, racchiuso in quei pochi secondi, per chiamare un'ambulanza. Ed è lì, col cellulare ad un soffio, e riflette.
Si chiede se sia giusto andare contro ad un destino già scritto, programmato, definito. Si chiede se lui realmente abbia voglia di vivere altri quarant'anni, o è meglio uscire di scena così, come aveva sempre pensato.
Non ha una moglie o dei figli a radicarlo quì e a farlo tornare indietro. Ha avuto solo una folle e spensierata giovinezza, un riuscire a vivere sempre al presente senza fare troppi programmi. Che colpo al cuore tremendo sarebbe per lui vedersi invecchiare, consumarsi lentamente negli anni in un triste declino.
Che poi, io mi chiedo, adilà della premonizione, che essa sia vera o sia solo il sogno di una notte agitata di un adolescente, cosa può accadere ad un uomo che, per ventiquattro anni, ha coltivato nel cuore la certezza, giorno dopo giorno, di morire in una certa data? Inconsciamente, ha programmato la sua mente, il suo corpo, forse anche il suo spirito, a portare a termine questa ineluttabile premonizione.
Tra un anno o poco più saprò, e sapremo, se in quei pochi millimetri di scelta che la pelle del suo palmo gli ha concesso, egli ha deciso di restare o di andarsene per sempre.