martedì 22 ottobre 2013

ASPETTANDO SAMHAIN

Tra poco il varco tra i mondi sarà sempre più sottile.
Indossiamo cappotti pesanti, come scuri mantelli a protezione dell'anima. Camminiamo su strade bagnate da pioggia, nebbia o rugiada, come se l'acqua sotto ai nostri piedi fosse un umido passaggio per condurre al fluido liquido attraverso cui i defunti ci parlano.
Perchè essi ci parlano, senza sosta. Portano messaggi per noi nelle notti in cui la Luna è piena e alta. Portano messaggi per noi nel corso di sogni offuscati, in cui la razionalità diurna non è presente e ci appare quindi normale fare lunghe conversazioni con chi non c'è più. Si mostrano nelle scure ombre che percepiamo nel dormiveglia, nei riflessi degli specchi, quando per un attimo con la coda dell'occhio sorvoliamo sulla nostra immagine.
Loro sono sempre presenti, compenetrati al nostro piano. Crescendo abbiamo imparato a non avere più paura del buio, a non aver più paura di loro, deridendoli e denigrandoli con una feroce razionalità. Però essi continuano ad esistere, come l'altro lato della Vita.
La notte del 31 Ottobre è lì per ricordarcelo. Un'antica tradizione che si ritrova anche nel centro Italia consiste nel lasciare, in quella notte, del cibo per loro. Vagano tutto l'anno con l'unico conforto delle nostre preghiere, almeno in quella notte lasciamo per loro qualcosa in più sul tavolo di cucina.
Una candela accesa, per farli avvicinare e scaldare il loro cuore di tenebra.
Un bicchiere di latte, per ricordare loro la dolcezza di un'infanzia perduta.
Un bicchiere di vino, per donargli per un attimo la gioia e l'euforia che la vita sa donare.
Una pagnotta, perchè il grano della terra sfami la loro voglia di restare.
Una mela, dolce come il peccato che compie l'anima che non riesce a sollevarsi dal suolo.
Dopo di chè, accogliamo i nostri cari nel sonno. Mai come in quella notte potranno parlarci, recarci consiglio, guarire le nostre ferite causate dalla loro immobile ed eterna distanza.

Marco Donatiello Photographer

venerdì 18 ottobre 2013

LA CASA

Ultimamente questa coppia di esoteristi, composta da me e mio marito, dedica ogni sera alla ricerca di una casa nuova. Non che la nostra attuale non ci piaccia, al contrario, ma non è congeniale all'aumento della famiglia. Quindi, ogni sera io e mio marito ci aggiriamo come anime in pena nelle vie centrali di Torino, affiancati da uno o due agenti immobiliari.
Intanto, non ho ancora visto un agente immobiliare arrivare puntuale all'appuntamento prefissato. Il giorno che mi capiterà, inizierò a credere anche alle Madonne che lacrimano sangue.
Ho visitato tantissime case, ma ce n'è una di cui devo assolutamente raccontarvi. L'ho definita La Casa, anzi, la Casa Maledetta.
Intanto, l'appuntamento per visionarla era in agenzia alle 19.15. Alle 19.40, l'impiegata dell'agenzia si accorge di non avere le chiavi per aprirla. Si scopre, dopo numerose telefonate ai vari agenti della zona, che le chiavi le ha un ragazzo che ha probabilmente appena buttato la pasta per fare cena e quindi torna indietro per consegnarcele. Alle 20 siamo finalmente davanti alla Casa.


Succintamente, ecco le informazioni che l'agenzia ci aveva dato: "Ex convento delle suore, l'immobile ristrutturato è disposto su tre livelli da ingresso indipendente dal piano terra (...)
Al piano seminterrato attraverso un passaggio storico del XV secolo si accede all'ampia taverna, il soffitto è a volta con i mattoni a vista."
Eravamo lì davanti, a questa casa indipendente, e la ragazza dell'agenzia cercò di aprire il portone. Niente da fare. Non si apriva. Colta da estremo imbarazzo, iniziò ad elogiare l'elegante manifattura della serratura, originale del 1.700, che il suo zio fabbro, quando la vide in foto, rimase estasiato. La serratura, dopo dieci minuti di scatti e spallate, dell'agente e di mio marito, continuava a non cedere. Alzando gli occhi verso le finestre buie della casa, per un attimo ebbi la sensazione di trovarmi davanti alla famiglia di fantasmi del film "The Others", con Nicole Kidman e i due pargoli spettrali, stretti in un abbraccio a guardarci e a ripetere: "Tranquilli, non entreranno, la Casa resterà nostra per sempre".  Ancora peggio, iniziai a pensare ad un trio di suore del convento (quello era la Casa, in origine), strette a guardarci dalla finestra e ripetere "Tranquilli, quegli sporchi commercianti del negozio di Magia dietro l'angolo non entreranno. La Casa sarà nostra per sempre". A quel punto, stremata, l'agente immobiliare telefonò a qualcuno. Suppongo fosse l'agente di prima che, nuovamente, era tornato a casa per buttare la pasta. Per un attimo credevo che sarebbe arrivato Harvey Keithel in versione Risolutore, con l'acido corrosivo nella valigetta, per distruggere la preziosa serratura del 1.700. Invece, arrivò un agente immobiliare grosso come un armadio (secondo me aveva sbagliato lavoro. Avrebbe guadagnato dieci volte tanto nelle lotte clandestine). Comunque, il Risolutore riuscì, con un paio di spallate ben assestate, ad aprire la porta.
Entrammo e andammo subito a vedere la taverna. Ecco, ho come l'impressione che lì sotto abbiano seppellito qualcosa. Non so se Suore che volevano darsi alla bella vita e scappare dal convento, o feti di cui nessuno doveva sapere (esiste un pò questo luogo comune, nelle segrete  e tra i segreti dei conventi...).


Ovviamente, sia io che mio marito ci siamo subito innamorati di quell'atmosfera un pò lugubre, dove il passaggio tra i mondi pare così sottile. Quella, c'è poco da fare, è la casa perfetta per qualunque occultista. Per qualunque occultista senza prole a carico, però. Ne abbiamo avuto definitiva conferma quando ci siamo trovati davanti ad una scalinata dalla tremenda pendenza, grazie alla quale cui si accedeva alla cucina. Ecco, se non sono morta lì, a salire e scendere quelle scale, penso che camperò almeno altri 40 anni. Probabilmente anche le suore spettrali hanno avuto pietà di noi, sarebbe bastato uno sgambetto al decimo gradino e la famiglia di esoteristi si sarebbe unita al macabro terzetto di suore alla finestra.
Questo per dirvi che, se siete esoteristi, (in particolar modo medium, già immagino la planchette impazzita lì dentro!) non volete prole al seguito e cercate casa a Torino centro,  esiste l'immobile giusto per voi.

lunedì 7 ottobre 2013

LA FINE DEL MONDO

Esistono alcuni approcci all'esoterismo che mi provocano immediata orticaria. Il primo di questi è rappresentato dal costante asserire di una presunta fine del mondo. Prima fu la volta della New Age. Ero ancora minorenne, mentre sfogliavo il libro (carino) "La profezia di Celestino", e tutti attorno a me parlavano della fine dell'era dei Pesci, dell'inizio dell'era dell'Acquario. Ciò doveva portare ad un innalzarsi delle coscienze, la fine del mondo per come lo conoscevamo noi, una serie di eletti che avrebbero sviluppato superpoteri che X-Men ci fà un baffo. Io alzavo un sopracciglio e continuavo a sfogliare il mio libro New Age.
Poi fu la volta di Nostradamus. Avevo poco più di vent'anni, mi pagavo la retta universitaria con i consulti di cartomanzia, e tutti attorno a me paventavano, nuovamente, la fine del mondo. Mille e non più mille, il Papa Nero, e amenità di questo genere. Io alzavo un sopracciglio e continuavo a fare le carte.
Poi fu la volta del calendario Maya, e nuovamente assistetti al panico della tremenda data del 21 Dicembre 2012. Persino una mia cara amica prese ferie quel giorno per trascorrere gli ultimi, presunti attimi della sua vita, insieme alla sua famiglia. Io alzavo un sopracciglio e continuavo a lavorare.
Con gli anni ho notato una cosa. Esiste l'esoterismo da "Fine del mondo, redimetevi tutti, passeremo ad un nuovo stadio di conoscenza e solo i migliori sopravvivranno". Ed esiste l'Esoterismo, quello con la E maiuscola, che smette di credere a queste baggianate.
Poi, però, a furia di sentire parlare di Kali Yuga, sono andata ad acculturarmi. Sì, perchè, terminata la paura del calendario Maya, la nuova moda è parlare di una fine del mondo legata al tremendo periodo del Kali Yuga. Secondo l'interpretazione della maggior parte delle Sacre Scritture induiste, Il Kali Yuga è l'ultimo dei quattro periodi, o "Yuga", e alla sua fine il mondo ricomincerà con una nuova Età dell'oro; questo implica la fine del mondo così come lo conosciamo (più di ciò che accadde alla fine degli altri Yuga, perché la Storia cadrà nell'oblio) e il ritorno della Terra ad un paradiso terrestre. Il mio sopracciglio già si stava alzando, quando continuai a leggere l'elenco dei problemi che sorgono nel periodo del Kali Yuga.
- Durante quest’epoca si assiste ad uno sviluppo nella tecnologia materiale, contrapposto però ad un’enorme regressione spirituale. Kali Yuga è l’unico periodo in cui l'ateismo è predominante e più potente della religione; solo un quarto di ognuna delle quattro virtù del Dharma (penitenza, veridicità, compassione e carità) è presente negli esseri umani. La nobiltà è determinata unicamente dalla ricchezza di una persona; il povero diviene schiavo del ricco e del potente; parole come “carità” e “libertà” vengono pronunciate spesso dalle persone, ma mai messe in pratica. Non solo si assiste ad una generale corruzione morale, ma le possibilità di ottenere la liberazione dall'ignoranza, si fanno sempre più rare a causa del generico declino spirituale dell'umanità.
 - La guerra “civilizzata” (con precise norme di correttezza e di onore) è stata dimenticata, e gli umani combattono senza onore. A differenza degli altri periodi, in cui era normalità cessare i combattimenti dal tramonto all’alba, cremare le vittime e riflettere sulla guerra, i combattimenti dell’età di Kali si protraggono costantemente, spinti soltanto dal desiderio di vittoria. Aumenta inoltre il sadismo.
 - Nel Kali Yuga, le persone non sono più rispettate per la loro intelligenza, conoscenza o saggezza spirituale. Al contrario, la ricchezza materiale e, ad un livello inferiore, la prestanza fisica sono ciò che rendono una persona ammirevole. Nonostante il rispetto sia superficialmente molto manifestato tra le persone, nessuno rispetta sinceramente gli altri. Ognuno crede che lo scopo ultimo della vita sia quello di ottenere rispetto, quindi diventando ricco o fisicamente forte.
- Nonostante l’età, gli esseri umani diventano inferiori in altezza e più deboli fisicamente, così come mentalmente e spiritualmente. C’è una diffusione di falsi dèi, idoli e maestri. Molte persone mentono, e si dichiarano profeti o esseri divini.
- Le donne in questa epoca diventano lascive ed immorali per natura.  Molte donne intraprendono l'adulterio e la prostituzione. (Su questo punto mi tranquillizzo un poco. Tradimenti e case chiuse esistono da sempre. Ditemi piuttosto che ultimamente la Società propone un tipo di donna molto diversa dal classico "Angelo del Focolare"...).
Comunque, sì, sembra che siamo in pieno Kali Yuga. Guenon stesso supponeva che il Kali Yuga iniziasse intorno al 2.000 d.C. Insomma, ci siamo. Che si può fare per sopravvivere, nell'epoca di Kali? Chi era la dea Kali intanto?



Kali era la brillante, bruciante, vitale potenza del femminino archetipico. Kali la spaventosa, la terribile. Kali la nera, oscura come una notte senza luci. Sia che si esprima in forma divina che umana il suo aspetto è terrificante perché implica un cambiamento radicale, che tutto dissolve, concepito alla stregua di una distruzione del creato e del tempo. La potenza con cui si attua è simboleggiata dall'immagine spaventevole di Kali danzante, con la sua collana di teschi e il suo pugnale.
Kali però nacque con un fine benefico: venne creata per distruggere un potente demone contro cui gli altri Dei stavano lottando senza tregua.
Raktabija era il nome del demone (in sanscrito ‘rakta’ significa ‘sangue’ e ‘bija’ ‘seme’), sembrava invincibile in quanto appena una goccia del suo sangue toccava terra nasceva un altro demone, e così all’infinito. Dal sopracciglio della Dea Durga, allora, nacque Kali, la notte suprema che divora tutto ciò che esiste, il tempo che distrugge i mondi. Kali con la sua bocca bevve tutto il sangue di Raktabija evitando che toccasse terra e poi gli tagliò di netto la testa. La sete di sangue, di violenza, di morte ubriacò la Dea che più non si fermò. Solo Shiva, il suo sposo, riuscì a fermarla gettandosi su di lei. Kali cercò di uccidere anche Shiva, ma quando riconobbe il suo sposo, prostrato ai suoi piedi, si fermò. Il cuore di Kali ricominciò a battere e l'universo fu salvo.
Come sopravvivere, dunque, nell'era di Kali? Dubito, nuovamente, che il mondo stia per finire. Però a volte credo che stiamo toccando un pò il fondo. Non riesco a leggere il giornale o a vedere un telegiornale, la violenza mi sopraffà. Come sopravvivere quindi?
Forse imitando il cuore palpitante di Shiva, lo sposo di Kali. Sopraffatti, inermi, stesi al suolo dalla indicibile violenza di Kali, è possibile effettuare un solo atto coraggioso. Continuare ad Amare. Amare il mondo in cui siamo, Amare gli individui che lo compongono, Amare gli Dei che dall'alto ci guardano e nascono dentro la luce del nostro cuore.

mercoledì 2 ottobre 2013

MADEMOISELLE LENORMAND


C'era una volta, tanto tanto tempo fa, una piccola bambina coi lunghi boccoli neri. Viveva in un piccola cittadina francese, di nome Alençon.
Aveva occhi scuri profondi come la notte, a causa di un giovane dolore. A cinque anni, aveva perso entrambi i genitori, e viveva in un orfanotrofio gestito da suore benedettine.
Ogni sera alzava gli occhi al cielo e chiedeva a qualche stella lontana di realizzare i suoi desideri. Chiedeva indipendenza, ricchezza, riscatto, fama, onore e potere.
Era la seconda metà del 1700, e appena divenne abbastanza grande da poter decidere del suo destino, decise di tentare la sorte nella capitale, Parigi.
Non aveva nessuno che si potesse prendere cura di lei, nè un amore, nè un amico, così andò a Parigi e trovò lavoro presso un'umile lavanderia. Era stancante, tornava a casa con le mani screpolate e le braccia doloranti; ma nello stesso tempo era divertente, aveva a che fare con tante donne nella sua stessa condizione, che come lei cercavano, in un modo o nell'altro, di andare avanti.
Tra un rammendo e una stoffa, c'era sempre il modo di fare due risate con qualcuno. Era una compagnia allegra, era facile fare amicizia e parlare un pò di tutto, un clima molto più aperto di quello in cui era cresciuta, nel rigore dell'orfanotrofio.
Quella ragazza dagli occhi scuri non dimenticava, però, la richiesta di riscatto che aveva chiesto al Cielo, per innumerevoli notti.
Un giorno nella lavanderia entrò una cliente particolare. Le sue colleghe si affollavano, dietro le fessure del retro del negozio, per osservare quella imponente signora che aveva sporto il suo lungo abito color blu pavone alla titolare. "Eccola, è lei!" "Guardala, guardala!". Anche la ragazza si avvicinò per osservarla di nascosto. Era una signora alta, formosa, di mezza età. Aveva lo sguardo di una donna che dalla vita ha visto, e ascoltato, tutto, e che ha saputo accogliere dentro di sè anche i più terrificanti segreti mai rivelati prima ad anima viva. La ragazza rimase rapita da quello sguardo. Dentro di sè, sentiva che quella donna avrebbe cambiato tutta la sua vita. Le dissero che si chiamava Madame Gilbert, che era un'indovina. Una donna che prevedeva il futuro con l'uso delle carte.
La ragazza era curiosa di sapere se il Cielo le avrebbe mai dato un'opportunità di riscatto, così, un pò timidamente, raccogliendo la sua paga settimanale, andò a casa dell'indovina per conoscere il suo avvenire.
Tornò tante volte in quella casa, quando, sfinita dopo la lavanderia, saltava la cena per andare a nutrire il suo spirito. Le carte le parlavano, parlavano alla sua anima. Le parlavano di potere, fama, successo, ricchezza e riscatto. La ragazza voleva capire come l'indovina riuscisse a vedere tutto questo. Così, Madame Gilbert, con pazienza e attenzione, le insegnò ad utilizzare i Tarocchi di Etteilla, il famoso parrucchiere e cartomante francese.
La ragazza dagli occhi scuri divenne una donna, una donna col nome di Marie Anne Adelaide Lenormand. Era a Parigi da neanche un anno, e aprì il suo studio di cartomanzia, in Roue de Tournon, una via stretta e riservata. Sull'entrata mise una semplice targhetta "Mademoiselle Lenormand, libraire". Questa riservatezza non le impedì di finire sotto lo sguardo delle autorità giudiziarie, che la fecero condurre davanti a un giudice, che decretò un breve periodo di carcere. Riguardo alla sua detenzione, Mademoiselle Lenormand raccontò, molti anni più tardi, che essa avvenne perché aveva predetto la morte del re Luigi XVI.
Nuovamente fuori dalla prigione, più determinata e testarda di prima, continuò la sua attività di indovina. Divenne sempre più famosa e importante, molte voci, più o meno accreditate, asserivano che Mad. lle Lenormand fosse diventata la confidente personale di Napoleone e della sua consorte Giuseppina.
Lavorò tutta la vita, accumulando numerose ricchezze, fama, successo e popolarità; le stesse che tanti anni prima aveva domandato al Cielo. Non si sposò mai, non aveva tempo per l'amore, o forse, chissà, le bastava conoscere i più nascosti tormenti del sentimento, che quotidianamente ascoltava per lavoro, per decidere di fuggire dall'amore il più lontano possibile.
Rimase tutta la vita Mademoiselle, non diventò mai Madame. In un giorno tiepido di fine Giugno, una brezza leggera entrò dalle eleganti vetrate del suo studio. Aveva le carte davanti, che per un attimo si offuscarono, come se una nuvola veloce fosse passata sopra il sole. Decise di salire un attimo sopra, di sdraiarsi nel letto. Congedò in fretta la sua cliente, che uscì dallo studio ancora piena di sospetti sull'infedeltà del marito.
Mademoiselle Lenormand salì le scale di marmo, si sdraiò sul letto tirandosi su le coperte rosso porpora. Sapeva cosa stava capitando. Qualsiasi cosa le avesse chiesto, quella mattina, la sua giovane e sospettosa cliente, usciva sempre la stessa carta. La Morte. Ancora e ancora. Era tempo di accogliere la Nera Signora, col suo teschio e la sua falce.
Alla sua morte, avvenuta all'età di 75 anni, numerosi fabbricanti di carte dedicarono in suo onore svariati mazzi di Sibille, il più celebre rimane il Petit Lenormand.
Più di dieci anni fa, quando ero una ancor più giovane cartomante, anch'io andai a Parigi per incontrare Mademoiselle Lenormand. Era distesa lì, al Cimitero di Père-Lachaise, circondata da fiori e fogli scritti. Le ho lasciato un piccolo vaso di violette.
Addio, coraggiosa, determinata, paziente Mademoiselle Lenormand.