In un ameno pomeriggio, di
circa nove anni fa, io e mio marito eravamo placidamente intenti a prenderci un
caffè in negozio, quando squillò il telefono.
Era fine Ottobre.
“Esotericamente, buongiorno”
rispose mio marito.
“Tu lo sai chi sono io?”
Voce di donna.
“Mh.” Mio marito, quando è
colto alla sprovvista, mugugna con tono indecifrabile.
“Io sono Lilith, the
Scarlett Moon”
“Mh”
“Lo sai cosa succede ad
Halloween?”
“Mh, no.”
“Sacrificano i gatti neri e
i bambini. Noi dobbiamo fermarli.”
“Mh”
“Aspettami, sto arrivando.”
Click.
Orrore e raccapriccio
dipinti sul volto di mio marito. Non sapeva se chiudere il negozio per il resto
del pomeriggio o armarsi di santa pazienza per fronteggiare l’incontro con tale
Lilith.
Col nostro lavoro, purtroppo
non abbiamo a che fare solo con persone savie, sagge, lungimiranti e lucide.
Ogni tanto entrano anche soggetti che, più che di noi, avrebbero bisogno di un
serio sostegno psichiatrico. E anche la mia laurea in Psicologia più di tanto
non può fare miracoli.
Ovviamente, mi sono seduta
comoda, non potevo perdermela.
Dopo una mezz’ora, vedo
arrivare una donna di mezz’età, bruna, formosa e piacente, vestita di nero e
con un mantello rosso. Sì avete capito bene. Non era la classica mantella da
signora di mezza età. Era un mantello rosso stile Wonder Woman.
Lei entra trionfale,
esclamando “Io sono Lilith, The Scarlett Moon!”. Fortunatamente, in quel
momento non avevamo clienti.
Avanza di un passo verso mio
marito, brandisce il lembo di tessuto della maglietta, e con abile gesto tira
fuori mezza tetta. Giuro. Su cui era stato tatuato una specie di folletto a
cavallo di una mezza luna. Insomma, dopo aver visto il suo tatuaggio non
avremmo più potuto dubitare della sua vera identità. Immagino fosse quello il
motivo di tale pubblica ostentazione, e che non fosse un poco velato tentativo
di seduzione nei confronti di mio marito.
Sorvolo sulla mezz’ora
successiva.
Dopo averla rassicurata
sulla nostra ferma intenzione di scoraggiare chiunque dal sacrificare gatti e bambini
per Halloween (e anche per il resto dell’anno!) Lilith è tornata a casa.
Fino a qui vi ho fatto
ridere. Ora però non riderete più.
A distanza di qualche anno
Lilith è tornata. Senza mantello, in tono dimesso. Era disperata. Gli
assistenti sociali le avevano portato via i suoi due figli. Ci ha chiesto un
aiuto magico per farli tornare a lei. Non aveva soldi, li aveva spesi tutti per
i processi. Lentamente si è sfilata tutti i suoi anelli d’argento e ce li ha
porti come pagamento. Glieli abbiamo rimessi in mano.
Ci siamo seduti e, con
dolcezza, le abbiamo fatto capire che il modo migliore per riavere i suoi figli
era di accettare le cure che i medici le avevano proposto. Se avesse accettato
la terapia psichiatrica che il Tribunale le consigliava, sicuramente tutto
sarebbe andato per il meglio. Lilith ha pianto tanto, lì seduta insieme a noi.
Poi si è rialzata annuendo, sembrava aver capito.
Sono passati tanti anni da
allora. Mi piacerebbe concludere questo post con un lieto fine, ma purtroppo
non ce l’ho. Non ho mai più rivisto Lilith.
Mi piace però pensare che
Lilith stia meglio, abbia ritirato il mantello in un cassetto e abbia deciso di
evitare il nostro negozio perché fonte di ricordi spiacevoli.
Mi piace immaginare Lilith lucida
e serena, abbracciata ai suoi due figli, bruni e belli quanto lei, in una casa
colma di calore e di felicità.
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